di Chiara Catapano
Dietro l’ovale del Caprifoglio si nasconde il Krampus, velenose bacche rubescenti: gli occhi.
È un risveglio fuori stagione: lui, contratto nel baccello di terra, appena sotto le suole dell’uomo. Al gioco negato rimandano le rughe, ai pianti senza fine e alle urla delle madri, le corna bitorzolute; duro muschio i legni sopra il capo. Fermento di zolfo nell’aria di dicembre.
Perché allora non sembra così definitivo il male? Forse perché l’ampissima deriva è sempre e solo umana. Egli segue la natura propria alla genia in cui gli toccò nascere.
Come per brinamento compare il Krampus sulle dure zolle invernali, all’ombra della montagna, con questo carico di rabbia verso l’essere adorato da Dio, verso l’eletto senza qualità; l’umano che risplende di gioia nella vallata, infedele servo, più impuro di Lucifero – che tentò in fondo di animarne l’anima dormiente.
Il figlio della notte ulula nel cono della valle, e un brivido corre sotto pelle ai villani addormentati.
Arrivano i Krampus, mandrie dagli zoccoli d’argento, a portar via dai nidi i figli dei peccatori. Il seme della tragedia, canto del capro nel cuore del Signore, risveglierà la pietà mariana: un santo con il cerchio d’oro intorno al capo farà, anche quest’anno, scendere la Vergine: ai nostri piedi egli deporrà il suo mantello, perché le schiere infinite d’innocenti percorrano il sentiero verso casa, senza pericolo.
Nel bosco intanto gli animali hanno abbandonato le tane. Odore di morte, odore di sopraffazione affligge le tenere membra della lepre, e il solido cervo s’azzuffa neanche fosse spuntata fuori tempo un’altra primavera. I canti di Natale si spandono inforcati dai Krampus assieme alla prima neve. Servono a cacciare la paura dai cuori, bisbigliano gli adulti ai figli tremanti. Cantate!, cantate le lodi del Signore: neppure il diavolo in persona può nulla dinnanzi al Suo nome! Nove volte benedetto, i nove cieli ha attraversato, trafiggendone la volta con la vibrazione del Suo nome: apparvero stelle, aghi di luce sopra le tenebre. Cantate! San Nicola presto giungerà in nostro aiuto, abbandonerà i cieli e con la verga di bosso proteggerà il nostro sonno. Cantate dunque, e non temete la notte: se scivolerete lenti dentro i vostri sogni, continuate a invocare la grazia del Signore!
Così passa la notte di San Nicola. Ma sempre le maglie pur strette delle Fede, lascian scivolare fuori un pesciolino, il sacrificio richiesto perché l’equilibrio venga da tutti rispettato. Che neppure Dio può nulla, contro la propria creatura. Così le leggi, che sono il suo stesso corpo, Egli fa valere in ogni parte dell’universo. All’alba del 6 dicembre, i bambini, alzandosi, troveranno mandarini e datteri, e una cioccolata calda per la festa del Santo. Ma in una casa, il lumicino tremante per i sussurrati pianti annuncia l’aurora livida del verno: una culla ancora calda, e i genitori affranti nel gelido mattino. Era proprio il loro, quel pesciolino?, si domandano increduli torcendosi le mani.
Disegni di Daniele Ferraro











